Siamo all’ 1 novembre 2024 quando la sedicesima Conferenza delle Parti sulla Biodiversità (COP16) a Cali, in Colombia, si è conclusa nel peggiore dei modi.
Sebbene siano stati fatti piccoli passi avanti nelle questioni relative i popoli indigeni e la condivisione delle risorse genetiche, la conservazione della biodiversità globale non ha visto alcun tipo di miglioria.
La maggior parte dei 196 Paesi, infatti, durante la COP16 ha fatto diversi passi indietro compresa, ovviamente, l’Italia.
Ma vediamo nel dettaglio cosa comporteranno tutte queste “non – decisioni” nel nostro futuro!
Partiamo dalle origini
Il 18 dicembre 2022 la COP15 per la biodiversità tenutasi a Montreal, in Canada, aveva approvato l’Accordo Kunming-Montréal
che come obiettivo finale aveva la protezione di almeno il 30% delle terre, degli oceani, delle aree costiere e delle acque interne della Terra
in modo da contrastare la perdita e l’estinzione completa della biodiversità restante sul nostro pianeta.
Ed è proprio da questi obiettivi che la COP16 sarebbe dovuta ripartire, verificando quindi i progressi fatti e gli obiettivi raggiunti in questi due anni dai 196 Paesi delle Nazioni Unite.
Il finale della storia, però, non si è avvicinato nemmeno lontanamente a quello che tutti noi ci saremmo potuti aspettare!
Piani Nazionali per la Biodiversità: un vero e proprio miraggio
Durante la COP16 ciascuno dei 196 Paesi delle Nazioni Unite avrebbe dovuto presentare i propri Piani Nazionali per la Biodiversità (i cosiddetti National Biodiversity Strategies and Action Plans – NBSAP)
spiegando, dunque, come contribuire nel migliore dei modi agli obiettivi globali per la protezione della biodiversità.
Piani, questi ultimi, che non sono mai stati presentati se non, inizialmente, dal solo 15% dei 196 Paesi, e dal 25% alla fine della Conferenza.
Insomma, ben 147 Paesi non si sono degnati nemmeno di stilare dei piani degni di tale nome!
Ma la situazione è diventata ancora più grave nel momento in cui, realizzando l’indecente numero così alto di Paesi che non si sono interessati minimamente alle problematiche ambientali,
la COP16 ha pensato di sollecitare semplicemente i paesi a presentare i propri Piani il “prima possibile”,
senza indicare una scadenza obbligatoria e lasciando quindi totale libertà di interpretazione ad ogni singolo Paese in considerazione.
Dunque, dopo altri 2 anni dalla prima fondazione di questi Piani Nazionali per la Biodiversità, ci troviamo ancora senza alcun tipo di strategia concreta e piani attuativi degni di tali nomi.
Tutti i Paesi rischiano di perdere la maggior parte della biodiversità mondiale senza poter fare nulla a riguardo.
Non si tratta del “semplice”, per quanto deprimente, problema della perdita di biodiversità che “prima o poi potrebbe accadere”,
ma oramai il problema risulta essere solo e solamente la velocità con la quale questa perdita avverrà.
Più i Paesi continueranno a chiudere gli occhi e girarsi dall’altra parta facendo finta di nulla, più la velocità con la quale andremo a perdere animali e piante aumenterà
e noi, prima o poi, non potremo fare altro che guardare inermi questa deprimente e dolorosa perdita completa e irreversibile dei tanti e diversificati esseri viventi.
Perché mai rivedere periodicamente i propri obiettivi?
I 196 Paesi non sono stati alleggeriti solo dal pensiero dei Piani Nazionali per la Biodiversità, ma persino dagli obblighi di rivedere periodicamente i propri obiettivi.
Insomma, se un Paese si pone come obiettivo quello di ridurre il 10% della perdita di biodiversità nel giro di 5 anni,
secondo la COP16 non c’è alcun bisogno di rivedere ogni tanto il piano, ma se ne riparlerà poi tra 5 anni.
E se quel determinato Paese ha fatto la scelta giusta sarà riuscito a ridurre quel 10% della perdita, altrimenti ci ritroveremo tutti senza più una buona percentuale di specie animali e vegetali in giro per il mondo.
Pazienza!
Questo perché l’accordo prevede che i Paesi “POSSONO” aggiornare i loro Piani se e quando ne hanno voglia, senza alcun obbligo particolare.
Ma vediamo adesso a cosa andremo incontro a causa di questa bella decisione!
Partiamo dicendo che senza alcun obbligo stringente NESSUN PAESE si metterà mai a revisionare i propri Piani, e questo andrà a rallentare ulteriormente i progressi globali che già sono fin troppo pochi e lenti.
Inoltre, non revisionando mai i Piani nessun paese riuscirà mai a correggere in tempo quei pochi sforzi che sta facendo per la protezione della biodiversità.
E tutto questo, quindi, rischia di farci arrivare al 2030 senza aver compiuto nessun tipo di passo avanti
ma, al contrario, avremo causato ulteriori danni irrecuperabili alla biodiversità, destabilizzando completamente qualsiasi tipo di ecosistema presente sul pianeta Terra.
Stiamo parlando di tutta la meraviglia stiamo rischiando di perdere a causa di scelte politiche indecenti e disumane.
Parliamo anche di quali e quanti modi esistono per monitorare la biodiversità e migliorare la situazione attuale?
Possiamo iniziare da qui,
da quei metodi moderni e tecnologici di cui ancora abbiamo troppa paura ma che possono essere essenziali per la nostra battaglia a favore del pianeta Terra!
Fondo Cali nella COP16: specchietto per le allodole?
Un aspetto della COP16 che a primo impatto sembrerebbe veramente positivo è il nuovo Fondo Cali,
istituito per raccogliere contributi volontari da parte delle aziende che usano informazioni genetiche digitalizzate per lo sviluppo di prodotti commerciali come farmaci e cosmetici.
Aziende farmaceutiche e cosmetiche, infatti, usufruiscono di tutta la biodiversità presente nei Paesi in via di sviluppo per la produzione dei loro prodotti
senza però condividerne i benefici con i Paesi ai quali questa biodiversità appartiene.
Ed ecco perché la realizzazione di questo Fondo Cali!
L’obiettivo è quello di iniziare a condividere i guadagni con tutti i Paesi da cui si originano le materie prime per la produzione di prodotti importati ed esportati a livello globale.
C’è, però, una grossa e profonda fregatura in questo “ideale” che si riduce tutto nella potente parolina posta furbamente nel bel mezzo di tutte le altre: “contributi VOLONTARI”!
Ed ecco qui che tutto il castello di carta crolla in un nanosecondo!
Quali tra i Paesi più ricchi si metterà mai a pagare VOLONTARIAMENTE Paesi più poveri quando possono continuare a trattenere tutti i guadagni per loro?
Specchietto per le allodole, appunto!
Ed ecco che i Paesi continueranno a svolgere pratiche di “biopirateria”,
cioè tutte quelle pratiche attraverso le quali le risorse genetiche provenienti da specie animali e vegetali di un Paese del Sud globale verrano sfruttate
senza garantire assolutamente alcun tipo di ritorno economico alle nazioni proprietarie di queste risorse per tutti noi tanto importanti!
Questo cosa comporta?
I Paesi del Sud globale si ritroveranno a dover sostenere delle spese indicibili per riuscire a conservare la biodiversità ed in cambio non riceveranno alcun tipo di supporto economico!
Inutile dire che tutto ciò porterà sempre più a:
- Aumento delle disuguaglianze;
- Riduzione della disponibilità delle risorse per la conservazione della biodiversità;
- Accelerazione della degradazione degli ecosistemi locali.
Finanza per la natura: un altro grande buco nell’acqua della COP16
Il Global Biodiversity Framework Fund (GBFF), istituito nel 2022 a Montreal durante la COP15 per la biodiversità,
prevede che i Paesi sviluppati contribuiscano con almeno 25 miliardi di dollari entro il 2025,
e 30 miliardi di dollari entro il 2030 in modo da supportare i Paesi in via di sviluppo nella tutela della biodiversità.
Tutti obiettivi, questi, degni sicuramente di essere considerati come tali.
In teoria.
Nella pratica invece?
La COP16 si è conclusa, anche stavolta, senza alcun reale accordo!
È un po’ come quando i nostri amici ci chiedono di uscire dopo cena e noi rispondiamo “si bah, vediamo, ti faccio sapere!”
e finiamo sempre sul divano, con la copertina e una bella serie tv accompagnata da qualche schifezza da sgranocchiare!
Niente, non si fa MAI niente!
“Vedremo”.
E fu così che nessuno dei 196 Paesi pagò nemmeno la metà del previsto!
Ed ecco che quindi la perdita della biodiversità continuerà a dilagare senza sosta,
gli ecosistemi collasseranno, le specie animali e vegetali ancora vitali verranno messe seriamente a rischio e tutto l’ecosistema naturale perderà completamente il suo equilibrio tanto importante per la sua sopravvivenza.
Ma non pensiamo nemmeno per un attimo che a noi tutto ciò non tocchi!
Non dimentichiamoci che con tutta questa perdita vitale il cambiamento climatico andrà solo a peggiorare, i suoli perderanno completamente la loro fertilità
e noi umani, se “tutto andrà bene” ci ritroveremo solamente con un pugno di mosche in mano.
“Adattamento” non sarà più la parola preferita da noi umani, semplicemente perché non ci sarà proprio più nulla per cui adattarsi!
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